Fin dai primi anni del secolo scorso si sviluppa, nella bassa Reggiana, un fenomeno musicale che varcherà i confini dell’Emilia per arrivare a coinvolgere vari Paesi Europei. In questo lembo di terra nasce quel genere musicale che molto tempo dopo verrà chiamato Liscio.
Il paese più significativo, che maggiormente rappresenta questo nuovo movimento culturale, è Santa Vittoria. La sua economia, fino all’ultimo dopoguerra, era legata all’agricoltura, all’allevamento e all’artigianato. Era questa l’unica zona della provincia di Reggio Emilia dove persisteva il latifondo in rapporto alla proprietà Greppi che, già dalla seconda metà del secolo XVIII, impiegava una notevole quantità di manodopera bracciantile disoccupata nei mesi invernali. La presenza di cantastorie e suonatori ambulanti diffusero nel XIX secolo valzer, polche e mazurke che si eseguivano già alla corte viennese e nei caffè alla moda, riducendoli a motivi popolari.
La vulgata vuole, inoltre, che i capostipiti di molte famiglie di Santa Vittoria avessero origine tzigana o ebraica, e che provenissero dalle terre danubiane prima di insediarsi nelle valli vicine di Cadelbosco di Sopra e in particolare nella frazione di Zurco, chiamata appunto per decenni Il Paese dei Magiari. A loro si deve l’introduzione del violino a Santa Vittoria, e soprattutto del Concerto d’Archi, una formazione tipicamente balcanica formata da tre violini, viola e contrabbasso.
Nella seconda metà dell’Ottocento, in un periodo di profonde tensioni e lotte socio-politiche che tendevano all’emancipazione sociale e culturale, aumentarono le occasioni di feste da ballo, e i musicisti, che prima erano stati braccianti, si resero disponibili a suonare per un mercato fatto di fiere, funerali, matrimoni e altre occasioni. L’arte del violino e degli strumenti ad arco in generale si affermò diffusamente, e Santa Vittoria divenne in poco tempo, nella fervida immaginazione degli uomini della bassa, Il Paese dei Cento Violini.