Sanzio Matteini

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Sanzio Matteini era innanzitutto un amico. È un amico, perché non ha mai lasciato il mio cuore.

Ci siamo conosciuti poco dopo la scomparsa di sua moglie. Ormai in pensione, sentendo la necessità di regalare al tempo un nuovo orientamento, chiese di poter dedicare la mia competenza alla sua passione per la musica: avendo acquistato un computer, desiderava imparare a registrare attraverso l’home recording.

Sanzio era stato un chitarrista di Liscio e Filuzzi.

Aveva suonato con Leonida Poluzzi, nel Trio Poluzzi, e con molti altri, facendo anche alcune sostituzioni nel complesso di Ruggero Passarini. Nel 1968 fu parte del Trio Bugané, insieme ad Angelo Bugané alla fisarmonica e Angelo Forlani al basso.

Il primo passo fu allestire lo studio: tastiera, microfono, scheda audio, diffusori per l’ascolto e software.
Aveva lavorato in ambito tecnico-progettuale e amava plasmare il legno, così realizzò con cura un mobile appositamente dedicato alla strumentazione.

Era titubante, convinto che non avrebbe potuto acquisire confidenza con quel sistema. Furono sufficienti poche settimane perché imparasse i rudimenti della registrazione audio e midi. Raccoglieva spartiti e tutto il giorno li suonava, li cantava, ne viveva profondamente l’anima.

Registrava canzoni proprie e del repertorio altrui, spaziando tra gli stili, cercando di innovare la tradizione, della quale era così innamorato, con sonorità nuove ed eterogenee, che non rifiutava, né lo intimorivano, sia timbricamente che stilisticamente.

In poco tempo rinnovò lo studio, ampliò la strumentazione e impostò diversamente quel mobile che aveva progettato e costruito: divenne bianco, riportando fini decorazioni musicali rosse e nere.

Un giorno mi telefonò, chiedendo come avrebbe potuto risolvere un problema relativo al computer: l’hard disk era saturo delle registrazioni effettuate, per quante ne aveva realizzate!

L’amicizia con Leonida Poluzzi era sempre stata viva: si trovavano, discutevano di musica, ricordavano tanti momenti. Registravano la bellissima voce di Viviana, figlia di Leonida e cantante di Liscio.

Sanzio aveva un animo gentile: era sempre sorridente e la sua voce, così come i suoi occhi, ottimisti.

Mi raccontava spesso aneddoti di vita quotidiana estratti dalla sua esperienza musicale: la difficoltà di dividere sè stesso e il tempo, tra la famiglia, il lavoro e la musica.

Ripensando ai concerti, ne ricordava sempre uno al DO.RE.MI o richiamava aneddoti sulle difficoltà e gli imprevisti nel suonare a San Pietro in Casale, Altedo o Galliera, quando doveva raggiungere i luoghi in treno nel turno della domenica pomeriggio. Raccontava anche la difficoltà nel gestire gli orari, avendo un lavoro diurno e i concerti la sera.

Narrava una vita molto differente dal presente.

La sua generazione, spesso limitata nell’opportunità e nella libertà offerta dell’istruzione, mi ha più volte comunicato il valore che attribuisce all’alfabetizzazione musicale, allo spartito, all’armonia: vissuti come una porta per migliorare e definire l’identità artistica, non come recinto o perimetro oppressore dell’espressione.

Penso sia importante riflettere su questo, perché tutto è figlio del proprio tempo, indipendentemente delle caratteristiche.

Dipingeva.

I suoi quadri erano la scenografia artistica della casa. Realizzò anche un bellissimo dipinto a muro nello stabilimento balneare gestito dalla famiglia di Stefania, sua figlia, a Lido di Spina. Mi raccontò che, a causa delle dimensioni, aveva dovuto applicare un’estensione di circa un metro e mezzo al pennello, per non perdere le proporzioni del soggetto.

Quando fui invitato a visitare la Paciu Maison di Harry Baldissera, sulla strada che collega Ponte Rizzoli e Prunaro di Budrio, riconobbi nella prima sala due suoi quadri: il loro tratto inconfondibile, seppur tradizionale, e la firma più che riconoscibile. Fu come ritrovare Sanzio, in un luogo nel quale mai avrei immaginato.

Aveva, e proponeva, un delicato equilibrio tra la sua anima creativa e l’ordine geometrico nel quale riconosceva la miglior forma della sua espressività. Gli stili musicali nei quali da sempre si identificava rappresentavano questo esempio, affiancando una concreta fantasia melodica alla schematicità ritmica e metrica che li contraddistingue.

Ho riscontrato questo approccio anche in molti altri musicisti della sua generazione.

Percepiva la musica come un elemento vitale, imprescindibile dalla quotidianità, come forma di alimentazione, come dieta.
Viveva l’ammirazione per la musica, che ha il potere di elevare lo spirito umano e farci sentire migliori.

Quando penso a Sanzio, ricordo risate, divertimento e affinità.

Nella galleria fotografica, gli scatti che lo ritraggono sono estratti da archivi personali, dall’archivio di Leonida Poluzzi e da scatti avuti da Sanzio Matteini stesso, anche pubblicati nel libro “STORIA DELLA FILUZZI BOLOGNESE dal 1903 al 1970” di Roberto Artale (Grafiche Galeati, Imola, 1986)

Sanzio Matteini

Foto di Sanzio Matteini
Foto di Sanzio Matteini
Foto di Sanzio Matteini
Foto di Sanzio Matteini
Quadro di Sanzio Matteini

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